venerdì 30 aprile 2010

Cercando il senso

Sarà vero?
« Perciò, dopo aver iniziato un cammino teso alla luce capisci che il sacrificio che esso richiede nel rallentare e poi, non so, sospendere un certo rapporto, fa entrare nel tuo desiderio di possesso, nella tua fame e sete di una certa soddisfazione, non un'accusa al tuo sbaglio (che sentissi da te stesso o dagli altri), ma qualcosa che ti fa capire che il tuo modo di vivere quel rapporto, quei rapporti, non è giusto, non è vero. E se gridi: "È vero questo che sento, più di tutto il resto", se gridi così sei consapevole di non seguire tutta la verità, tutta l'evidenza che si profila nella cosa.

Ed è in un momento del genere che uno sente lo strappo.
Se non si sente lo strappo, non c'è passo che si tenga.

Ma uno strappo non è fatto perché si cede alla soddisfazione, o si sfida la negatività, l'affermazione negativa: uno strappo è l'emergere di un'affezione che rimane ancora come una favilla nel disastro della situazione in cui verso io, e diventa fuoco che lentamente scioglie, scioglie l'unto della vicenda, l'unto della nostra situazione; lo scioglie, finché uno giunge a bere un'acqua pura, giunge a bere l'acqua pura.

La realtà gli entra negli occhi: la realtà, comunque sia, piccola o grande, personale o esposta agli occhi nel mondo. E uno giunge a bere un'acqua pura. Perché, diceva un poeta italiano: "Tutto, Signor, fuorché l'eterno, al mondo è vano" (A. Fogazzaro, A sera, in Le poesie, Mondadori, Milano 1935, pp. 194-197, vv. 21-23): quell'eterno che, dunque (ma questa è una riflessione intelligente e matura che chi è come Fogazzaro farà ai suoi figli), è la verità.  Perché solo per la verità è fatto l'uomo. La felicità è aperta dalla verità.»

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