Radio accesa su una emittente locale, così locale che parlava di rapporti affettivi in maniera più o meno superficiale.
Si parlava di abbandono, abbandono d'amore, abbandono di follia...
Si chiedeva cosa fosse per gli ascoltatori l'abbandono: forse quello stato sentimentale che si pone tra il romantico e l'incosciente, tra il reale e l'irrazionale, tra la pazzia e la consapevolezza. Neanche loro sapevano come definirlo con sicurezza.
Stavano per lanciare un pezzo di James Blunt, finché la speaker esordisce con: «L'abbandono è quello stato meraviglioso in cui ci si fida dell'altro, della persona con cui stai, della persona a cui vuoi più bene...»
Abbandono che un amico di Me non riesce a vivere e, dopo ore e ore di chiaccherate, Me ha l'impressione che lui cerchi ancora quelle prove che forse non arriveranno mai e quell'amico rimarrà con il dubbio perenne.
Lanciarsi, come lanciarsi in autostrada alle 5.30 di mattina in macchina, quando solo i fari dei lavoratori del mattino illuminano il selciato, con la stessa sensazione dentro al cuore del poter vedere la Bellezza con i propri occhi (la bellezza dell'aurora mattutina, la bellezza di un sorriso, la bellezza...) ma senza poterla definire: vedi la bellezza della realtà e ciò ti basta, non ti serve nient'altro. E a quel punto non puoi tenerti più nulla dentro e vai come un pazzo per le strade urlando, silenziosamente, che sei l'uomo più felice di questa terra.
E tu... ti abbandoni?